I piatti freddi

Nell’epoca in cui viviamo i piatti freddi possono acquistare un valore diverso e una particolare importanza, perché hanno il vantaggio di poter essere preparati con un notevole anticipo: anticipo che va ovviamente a vantaggio della padrona di casa. Infatti molte volte la preoccupazione per la riuscita di una portata crea momenti di tensione che si ripercuotono soprattutto sugli ospiti; si perde così il piacere di stare insieme e di passare delle ore spensierate.

Valutiamo ora che cosa s’intende per piatti freddi. Non bisogna lasciarsi ingannare dall’aggettivo “freddi” perché alla base di ogni ricetta c’è sempre un ingrediente fondamentale cotto: la carne, per un vitello tonné, la gelatina per un aspic, la salsa di copertura per un pesce, ecc.

Ma valutiamo ora quali sono i veri protagonisti dei piatti freddi. Senza dubbio avremo nomi prevalentemente stranieri, perché il gusto, lo stile, la fantasia nelle composizioni ci viene da oltralpe. La Francia di Luigi XIV ne è l’esempio più emblematico; allora le portate arrivavano ad essere più di cinquanta, esistevano degli assaggiatori coadiuvati da vari aiutanti, e i cuochi reali (che erano più di 300) consideravano un fatto d’onore la riuscita di un soufflé.

La gelatina
La fresca, fragante, limpida gelatina. Quella che stuzzica gli appetiti più ritrosi, quella che ricopre delicatamente piatti di carni, pesci e verdure. La parola è di origine latina e deriva dal verbo gelare. Già nel 1300 troviamo piatti con il nome volgare di zillo e celo. Più avanti nel tempo, circa due secoli dopo, troviamo in un libro che descrive un banchetto, la portata con “gelatia”. Sorge comunque il sospetto che prima di diventare la raffinata composizione di oggi, la gelatina sia stata un ripiego per riutilizzare i liquidi di cottura delle carni; carni che non godevano certo di buona conservazione e che quindi venivano sempre preventivamente bollite. Ed ecco la definizione di gelatina di un anonimo cultore delle arti culinarie vissuto verso il 1600: “Bollita la carne o pesce in acqua, vino od aceto, aromatizzata, si restringe il brodo, si ricompone il tutto e il raffreddamento dà la massa ondulante”.

Le salse
Altro elemento indispensabile per ogni tipo di piatto freddo. Partono tutte da variazioni ottenute con le salse di base, veri pilastri della cucina. La nominatissima salsa besciamella, che unita alla gelatina, forma la chaud-froid, copertura in vari colori a seconda degli ingredienti contenuti, usata per carni delicate ma anche per selvaggina. La francesissima maionese che diventa rémoulade con l’aggiunta di senape, aiolì con l’aggiunta di aglio, mousseline quando è mescolata alla panna montata. E ancora la salsa americana con pomodoro e pepe di Caienna per tutti i crostacei, la salsa primaverile fatta con legumi novelli e tante tante altre.
E poi, ci sono i paté. Infinite sono le specie di paté esistenti, dal classico foie gras proveniente dal Périgord e dall’Alsazia, ai paté di cacciagione, forti di spezie e tartufo, ai semplici paté casalinghi fatti con il fegato di vitello. E’ un piatto ricco e laborioso, una mescolanza di ingredienti, se ne mangia poco proprio perché è estremamente nutriente e basta da solo alla riuscita di un pranzo. Oggi se vogliamo farlo in casa abbiamo dei validi aiutanti come le modernissime terrine infrangibili a chiusura ermetica.
Il coperchio bombato, durante la cottura trattiene il vapore, necessario a mantenere morbido l’impasto e a conservare anche nel tempo inalterati i profumi e gli aromi.

La mousse
Così più o meno potremmo definirla: qualsiasi tipo di ingrediente passato al tritatutto fino ad essere ridotto in poltiglia, ammorbidito con salse, gelatine, panna, accomodato e livellato in stampi allungati può essere chiamato con il nome di mousse. Questa più o meno la definizione tecnica, incapace però, di rendere al palato la delicatezza, la morbidezza e la fragranza di questa preparazione.

La galantina
Troviamo questo nome già nel Medioevo come forma dialettale di popoli abitanti la Dalmazia e sta a indicare carni tritate aromatizzate con pepe e pistacchi (questi ultimi forse portati dal passaggio dei Turchi conquistatori) e tartufi, arrotolate a forma di grosso salsiccione e accompagnate da gelatina.

L’aspic
Anche questo nome è di derivazione latina, viene da aspis, cioè serpente, e tale appunto era la foggia che anticamente veniva data a una preparazione fatta con pesci, carni, crostacei, verdure, addizionate all’immancabile gelatina. Oggi la foggia è cambiata, si usano per lo più stampi a forma di cono tronco che mettono maggiormente in risalto gli elementi della composizione attraverso la limpidezza della gelatina.

Il gelato
E’ senz’altro quello con la tradizione più antica. Furono infatti gli Arabi (sembra che a loro volta abbiano appreso l’arte del gelo dai Persiani di Serse e di Ciro) che portarono in Europa durante i diversi secoli della loro dominazione i famosi sorbetti a base di estratti di frutta sapientemente raffreddati. L’arte di far sorbetti era infatti un culto, unito a quello delle fontane zampillanti acqua e della fresca ombra dei portici smerlati; beni preziosi per chi come gli Arabi era nato e vissuto nell’arido e assolato deserto. Dagli Arabi, attraverso i secoli fino a noi, il gelato passa per le tavole dei regnanti, per i campi di battaglia, per le scomode gelatiere di zinco coperte di sale dell’ottocento, fino alle abili mani degli emigrati siciliani e napoletani che lo portano in America. Oggi è diventato un simbolo italiano, come gli spaghetti e la pizza, ma molte volte sembra aver perso il suo primitivo e genuino sapore.

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