Le spezie

Anche le spezie, come le erbe odorose, hanno impiego gastronomico antico, spiegabile non solo con ragioni strettamente culinarie, ma anche con ragioni sanitarie
I frigoriferi, lo sappiamo tutti, sono un’invenzione abbastanza recente. La conservazione dei cibi, delle carni in particolare, è quindi stata sempre una grande preoccupazione dei popoli antichi, che inventarono parecchi sistemi per evitarne la putrefazione, affumicando, mettendo sotto sale o in salamoia le riserve alimentari.

Presso i popoli asiatici erano molto diffuse le droghe che, col loro sapore acuto, potevano nascondere l’odore non certo piacevolissimo della carne..meno che fresca. Questo loro costume fu importato dai popoli classici del Mediterraneo, i greci e i latini, che ne conobbero l’esistenza grazie ai commerci dei fenici e degli arabi.
Grandissime quantità e varietà di spezie, quasi tutte vegetali, venivano usate dai cuochi dell’età imperiale: dall’anice al pepe, dai coriandoli allo zenzero, oltre al famoso silfio, considerato una panacea universale, originario della fertile terra cirenaica.
Tra l’altro, gli antichi usavano le spezie non solo nei cibi, ma anche nelle bevande (nel vino per esempio), nelle quali mettevano mirto, finocchio e mirra, zimetto, cassia.
Quanto vasto fosse nell’antichità l’impiego delle spezie è dimostrato dall’intenso commercio che se ne faceva, insieme ai papiri e ai tessuti, tra l’Oriente e Marsiglia. Oggi, facendo le debite proporzioni, il consumo di questi prodotti esotici è relativamente diminuito, se non altro perché minore è il loro uso in terapia. Notevole, invece, è il loro uso in cucina. Vediamo le più importanti fra queste spezie, fide alleate per la preparazione del bollito, dello stufato, dello stracotto e compagnia.

Incominciamo dalla paprica, che si ottiene in Ungheria dal Capsicum annuum longum, ed è coltivata anche nei paesi caldi e a clima temperato. La paprica è un’erba annuale con foglie ovali intere e fiori bianchi. I frutti, essiccati e ridotti in polvere, danno una spezia che può essere dolce, semidolce o acre, a seconda che contenga le parti placentari del pericarpo e le parti superficiali dei semi. Il colore rosso della paprica è dovuto alla capsicina contenuta nei semi. La paprica, che molti usano al posto del pepe, è molto usata negli umidi.

La noce moscata è il seme di un grosso albero sempreverde, la Myristica fragrans, che cresce nelle Filippine, nelle Indie orientali, a Sumatra e nelle Molucche. Il frutto, quello che consumiamo noi, viene da una bacca rosso-giallastra, con solco longitudinale che si apre al momento della maturazione liberando la noce, a forma di mandorla ovoidale lunga 2 cm e larga uno, con la superficie lievemente reticolata. Le noci moscate vengono preparate in due modi: all’olandese, cioè disseccate, affumicate, spogliate dell’involucro esterno e messe nell’acqua, con sale e calce, per preservarle dagli insetti; l’altro sistema è quello inglese, secondo il quale, semplicemente, le noci vengono messe al sole ad essiccare.

L’anice è il frutto della Pimpinella anisum della famiglia delle Ombrellifere, erba alta di origine orientale, coltivata anche nei paesi caldi del Mediterraneo e in Africa. L’anice ha un forte odore aromatico e sapore dolce, piccante.

I chiodi di garofano, che insieme alla noce moscata sono forse le spezie più conosciute dalla massaia italiana, sono i fiori non ancora sbocciati dell’Eugenia caryofillata, famiglia delle Mirtacee. Si tratta di un albero originario delle indie orientali ma coltivato anche in altri paesi. Le varietà commerciali del chiodo di garofano si distinguono in base alla provenienza: ci sono cioè i chiodi delle Indie orientali, i chiodi africani e quelli americani (per modo di dire, perché provengono dalle Antille, dalla Guaiana e dalla Caienna). Il chiodo di garofano contiene sostanze azotate, grassi, cellulosa. Poiché è fortemente aromatico, va usato a piccole dosi.

Il pepe è il frutto essiccato del Piper nigrum, una pianta a fusto lungo – raggiunge anche i 10 m di altezza – e sottile. Il Piper nigrum ha fiori disposti con spighe peduncolate, 20-40 frutti per spiga. Il pepe nero è quello che si ottiene da bacche raccolte non ancora mature, quando è appena iniziato l’arrossamento del frutto. Queste bacche vengono essiccate sotto vuoto. Il pepe bianco, chiamato così nonostante sia giallognolo, è quello ricavato dalle bacche mature messe a macerare nell’acqua, meglio se in acqua di mare, per 10 giorni. Dopo questo bagno prolungato, le bacche vengono decorticate a mano o a macchina. Il pepe contiene un olio volatile che gli dà quell’odore inconfondibile e una sostanza azotata alcaloidea, alla quale si deve il tipico, inconfondibile sapore del pepe.

Lo zenzero è il rizoma dello Zingiber, una pianta erbacea originaria dell’Asia. Quando la pianta comincia ad avvizzire si raccolgono i rizomi, che si lavorano con acqua, si essicano e si raschiano dopo averli imbiancati con anidride solforosa. Lo zenzero ha un forte odore aromatico, lievemente bruciante.

La cannella, decisamente un profumo singolare, è la corteccia di una pianta originaria di Ceylon, sempreverde. La corteccia viene staccata con incisioni longitudinali e poi raschiata per eliminare lo strato tuberoso, quindi arrotolata in fogli sottili e messa a seccare all’ombra. Le qualità commerciali di cannella sono molte, ma le due più importanti sono la cannella ceylon e la cannella china. Per l’uso, solitamente, la cannella viene frantumata. E’ importante ricordare che la cannella in polvere è quasi sempre di qualità scadente. Anche la cannella, come il chiodo di garofano, è fortemente aromatica e va usata con parsimonia.

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